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Il fenomeno “indignados” come tappa della destabilizzazione globale

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Assistiamo negli ultimi giorni all’ascesa mediatica di un movimento di protesta occidentale che sta ottenendo un riscontro di partecipazione non indifferente. Si parla in questo caso degli indignados, fenomeno sociale che ha trovato la sua espressione nei movimenti di dissenso popolare statunitensi, spagnoli, londinesi, italiani … L’apice della protesta è stato toccato lo scorso 15 ottobre nella manifestazione nazionale tenutasi a Roma, sfociata prevedibilmente in guerriglia urbana, con il ferimento di molti manifestanti e gli inevitabili scontri con le forze dell’ordine. Bersagli della protesta degli indignados sono il sistema finanziario e la casta politica, da rovesciare (a loro avviso in una rivoluzione globale, come scritto sui loro siti di riferimento). Ma ad esser sinceri, poca chiarezza c’è su questo fenomeno, e le interpretazioni dello stesso al solito risultano deficitarie: il semplicismo mediatico, in coppia con la credulità popolare, ha nuovamente operato la creazione di un mito sostanzialmente vuoto di obbiettivi autonomi, ma carico di interessi più che sospetti.
Le origini del movimento si possono rintracciare nel libro Indignez-vous! Pour une insurrection pacifique, del politico ed ambasciatore francese Stéphane Hessel che, entrato nelle fila del socialismo dopo aver partecipato alla Resistenza, ora detiene stretti rapporti professionali e politici con le elites della finanza internazionale (ricordiamo in particolar modo la sua conclamata connivenza con l’ex-presidente del Fondo Monetario Internazionale, Strauss-Kahn). Il libro in questione (edito in Italia come Indignatevi!, Add editore, Torino 2011), quale manifesto politico del movimento, risulta essere un invito a rovesciare i “cattivi” impadronitisi delle redini dell’economia: grandi aziende, Chiesa e banche sono al centro delle denunce di Hessel. In nome dei “valori della Resitenza” questi dovrebbero essere destituiti, per poter proporre un mondo aperto alle rivendicazioni dei laicisti e delle minoranze, delle femministe e degli omosessuali. Assieme a questi obiettivi, si sono aggiunti nel pantheon comune dei diritti da rivendicare, la libertà di espressione online, il diritto all’insolvenza dei debiti, l’annullamento dei privilegi di casta. Ad affiancare le rimostranze di questi gruppi abbiamo potuto vedere il Partito Pirata, radicali e laicisti, addirittura un redivivo Julien Assange … e l’approvazione dichiarata degli ambienti dell’alta finanza, partendo da George Soros per arrivare fino a Mario Draghi. Quantomeno sospetto, se non che ad un’attenta analisi degli ambienti che si celano dietro questo movimento internazionale il quadro della situazione risulta limpido e più che rodato.
Gli indignados contano sul supporto tecnico e logistico di due sigle quanto mai sospette, quali Anonymous e CANVAS. La prima ha avuto un ruolo preminente nelle giornate delle rivolte in Egitto, compiendo attacchi informatici sui siti del governo egiziano, ed ha violato ultimamente gli archivi del Ministero della Difesa siriano, assumendo un ruolo chiave per la destabilizzazione occidentale del Medio Oriente. CANVAS (Center for Applied Non Violent Action and Strategies) invece, fondato nel 2003 dall’OTPOR, il movimento serbo di protesta “colorato” che coadiuvato dalla CIA ha favorito la caduta di Slobodan Milosevic, ha la funzione di creare e dare una forma ai movimenti di dissenso, operando come un vero e proprio “business della rivoluzione”. È noto che il Movimento Giovanile del 6 aprile, uno dei principali gruppi di dissidenti egiziani operanti durante le rivolte, sia stato “addestrato” direttamente da CANVAS. Non è difficile dimostrare i collegamenti tra OTPOR e CANVAS e la Open Society Foundation di George Soros, dietro la quale si cela la migliore macchina di destabilizzazione politica nelle mani della finanza internazionale.
Ivan Marovic, uno dei leader di CANVAS, che ha partecipato attivamente alle proteste degli indignados di New York, non ha mai fatto mistero nelle sue dichiarazioni che ogni rivoluzione di piazza alla quale CANVAS partecipa è “il risultato di mesi o anni di preparazione”.
Assolutamente indicativo è infine il patrocinio che è dato al movimento indignados dal magnate Martin Varsavsky che, non pago della diffusione mediatica che sta offrendo ai medesimi, pubblicando articoli estremamente elogiativi in lingua inglese per i più importanti media del mondo, fornisce anche supporto tecnico alle manifestazioni, come nel caso della dotazione di router per la connessione wi-fi all’accampamento spagnolo dell’M-15. Varsavsky d’altronde gioca il suo ruolo notoriamente al fianco della famiglia Rockefeller, costituita dai più importanti speculatori mondiali, detentori delle redini dell’economia globale, della quale serve gli interessi, operando con essa sulle piattaforme delle fondazioni e delle ONG. In particolar modo egli è presidente della Safe Democracy Foundation, che collabora attivamente con la Rockefeller Foundation: una realtà che già da tempo auspicava ad una “rivoluzione europea” (1), quale necessario seguito delle rivolte arabe. Considerando poi l’impegno comune che vede legati Varsavsky, i Rockfeller e George Soros in una stretta collaborazione (anche attraverso organi politici gestiti cooperativamente, come la fondazione One Voice), sorge quindi l’ipotesi della possibilità di un nuovo caso di destabilizzazione politica, ben più vicino a noi degli ultimi ai quali abbiamo potuto assistere: una “rivoluzione” che, facendo leva sui nuovi sentimenti libertari della popolazione occidentale più che sulle vere rivendicazioni sociali, avrebbe lo scopo strategico di interrompere i rapporti economico-politici che, nella prospettiva del declino inevitabile del multipolarismo, si stavano instaurando tra paesi europei, mediorientali ed asiatici (2).
A discapito di chi non ne comprende la portata politica, le rivolte degli indignados possono essere il segnale d’allarme di una imminente destabilizzazione europea, volta ad assicurare nuovamente sicurezza di collaborazione dell’Unione stessa agli obbiettivi geopolitici statunitensi, ed ad annientare sul nascere una sempre più realistica coesione su basi economiche e strategiche delle nazioni dell’Eurasia.

*Orazio Maria Gnerre

 

 

 

NOTE:

 

1.) Articolo in spagnolo su un sito della Safe Democracy Foundation dove si auspica la suddetta “rivoluzione europea” sul modello arabo: http://spanish.safe-democracy.org/2011/03/07/la-ue-tambien-tiene-que-hacer-su-revolucion/

 

2.) L’articolo riportato nella nota 1 della Safe Democracy Foundation evidenzia la necessita di una “rivoluzione europea” per il rovesciamento della classe politica dell’Unione Europea che “ha sostenuto regimi che hanno apertamente violato i diritti umani”.

 

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